Tra i 9 e i 12 mesi il bambino giunge ad una tappa fondamentale dello sviluppo; in questo periodo matura la capacità di creare il simbolo e si trova nella fase cruciale del processo di separazione-individuazione dalle figure genitoriali, ossia quell'esperienza di contatto-fusione e distacco-diffusione che ha vissuto fin dall'epoca gestazionale e dai primi giorni di vita, che lo porta a percepirsi come entità altra e, dunque, distinta rispetto alla madre.
Fino a poche settimane prima il bambino sentiva d'essere tutt'uno con la figura materna dalla quale dipendeva rispetto al soddisfacimento di bisogni primari: la fame, la sete, il sonno, il contenimento.
In questa fase evolutiva, il bambino, è consapevole di avere un corpo unitario sebbene dipendente ancora dagli altri per la risposta adeguata ai suoi bisogni. Attraverso la realtà oggettuale supererà questo limite, entrando in contatto sempre con più oggetti che è in grado di manipolare, anche su un piano emozionale, che lo accompagnano, lo rassicurano quando i genitori non ci sono, sviluppano una trasposizione dei valori affettivi e rivestono il ruolo di sostituto simbolico. Grazie alla capacità di creare dei simboli e di rappresentare qualcuno o qualcosa di cui necessita che al momento non c'è, il bambino passa da un vissuto fantasmatico correlato ai suoi bisogni primari che lo rendono dipendente dai genitori, alla capacità di contenere e controllare la dimensione fantasmatica e a soddisfare in una dinamica del "come se" il proprio bisogno, iniziando un'autonomia emozionale oltre che corporea. Tale controllo conduce il piccolo al superamento del principio di piacere/dispiacere e dello sviluppo del principio di realtà.
Attraverso il processo di simbolizzazione, il bambino, che si sente persona unitaria, proietta su un oggetto diverso ed esterno, delle istanze relative alla propria vita affettiva: scarica fuori di sé le emozioni positive e negative legate ai suoi bisogni
Il simbolo assume un ruolo centrale anche nella dimensione ludica del bambino. Nell'antichità era un oggetto particolare che veniva tagliato in due o più parti e consegnato a persone diverse come segno di appartenenza e riconoscimento quando, incontrandosi nuovamente, potevano riunirlo. Per il bambino il simbolo rappresenta un oggetto che unisce due entità diverse, una presente che sostituisce una assente, attraverso il collegamento implicito o esplicito al fine di rendere possibile il soddisfacimento di un bisogno.
Donald Woods Winnicott riconosce, proprio intorno all'ottavo mese circa, l'affermarsi dell'oggetto transizionale che rappresenta per il bambino un importante tappa evolutiva. Si tratta, secondo il pediatra e psicanalista inglese, di una fase nella quale il bambino è in grado di separarsi serenamente dal caregiver purché rassicurato da un oggetto, che è detto "transizionale", in quanto fa da ponte tra il bambino ed il caregiver che è in quel momento non presente, consentendo al piccolo contenimento e aiutandolo gestire il processo di separazione. Può trattarsi di un lenzuolo, di un pupazzo, di un carillon da culla; in ogni caso l'oggetto transizionale compare in virtù della capacità del bambino di creare il simbolo e di rappresentare nella sua mente un oggetto, ma più spesso un soggetto, attualmente assenti.
L'importanza del simbolo si estrinseca in ogni epoca della nostra vita; la stessa logica della comunicazione umana si fonda su una dinamica di significanti-significati.
L'uomo comunica attraverso dei significanti, parole, gesti, oggetti che diventano segni convenzionali per comunicare un dato significato (realtà oggettuale e/o concettuale).
Il segno-simbolo è la garanzia dell'espressione-comprensione-condivisione della realtà.
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