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Non ci è dato soffrire

“La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno ma dall’incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili.”
- C. G. Jung -

Sono tornata, per un po’ ho avuto il blocco dello scrittore.

Non avevo ispirazione? No, inconsciamente ho pensato di darvi fastidio!

E si, nella mente mi sono rimbalzate le parole che spesso mi sento dire, anche da chi mi vuol bene: <<Sono passati 20 anni, ora basta, la vita va avanti!>> - Mi sono sentita fuori luogo. - <<Stai ancora pensando a quello che è successo!?>>

Forse dopo 20 anni può sembrare che io sia rimasta legata al passato e avessi dedicato la mia vita completamente al lutto, c’è chi addirittura mi fa sentire in colpa: <<Ma tuo marito che dice?>>

Mio marito è una persona fantastica anche se molto complicata, ma so che mi ha talmente amata da capire il mio bisogno di ricordare e non cancellare (come molti pensavano che fosse giusto facessi).

Ricordo, erano le 2 di notte del 7 dicembre 2004, avevo avuto da poco la conferma della morte di Dario e accompagnata da mio padre e con uno strappo nel cuore, (io ho sentito proprio fisicamente questo dolore) aspettavo l’ascensore per salire a casa di Dario.

Una donna, non ricordo né chi, né il volto, mi disse: <<Tu sei giovane, la vita va avanti, tu ti rifarai una vita!>>

Quelle parole sono state ripetute negli anni da più e più persone e sono state quelle parole che hanno generato in me tanta sofferenza e dolore.

Io non potevo soffrire.

Il mio dolore era inferiore agli altri perché poi “chi ero io?” la fidanzata giovane con una vita davanti. Che ci voleva a cancellare 8 anni di vita condivisa? Sarebbe stato meglio dimenticare tutto e non parlarne più’.

<<Tu ti devi fidanzare>>

E come fai a dire che una parte del tuo cuore è legata per sempre ad un'altra persona?

Non hai diritto di soffrire o meglio non lo puoi dimostrare, non lo puoi dire!

<<Ora basta, ormai è passata, poi chi ti dice che vi sareste sposati? Potevate lasciarvi.>>

Vi rispondo ora: è vero, ma avrei preferito odiarlo tutta la vita da vivo, che amarlo da morto!

Mi sono sentita molte volte come i sopravvissuti di Auschwitz, che quando raccontavano l’orrore vissuto, non venivano nemmeno creduti. C’è un film bellissimo che racconta la guerra e c’è la scena di un magnifico De Filippo che torna a casa dopo la guerra e vuole raccontare, ha l’esigenza di raccontare, ma nessuno lo vuole sentire: <<È passat, nun ce penzà!>>

La verità è che il dolore è un tabù, solo a sentirne parlare c’è chi crede che possa esserne contagiato. Il dolore fa paura, è meglio non parlarne!

Io so solo una cosa: ho sentito e ancora sento l’esigenza di vivermi il dolore senza vergogna! Come la gioia è un sentimento che va vissuto, anche il dolore va affrontato ed esplorato, perché così man mano fa meno paura.

Per questo io voglio continuare a raccontarlo e raccontare come si può andare avanti

rispettando i ricordi.

Voglio continuare a raccontare per chi ha voglia di sentire…la serenità della sofferenza.


Maria Di Pascale

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