“Il valore della primavera
Lo conserviamo nell’inverno”
-Confucio-
Nell’inverno di un tempo che sembra congelare la speranza e la vita nel freddo mortifero della pandemia proviamo a conservare la primavera.
I miti ci accompagnano e ci sostengono a richiamare in noi quegli archetipi di cui parla Jung alle origini di un inconscio collettivo che sembra accomunarci tutti. E questa settimana mi torna in mente Persefone o Kore, la fanciulla sospesa tra la Vita e il Mondo dei Morti. Questo tempo pandemico, freddo e inarrestabile sembra proprio il tempo dell’attesa che Kore torni sulla terra dagli Inferi a riportare la primavera.
Ed è a lei e attraverso lei che voglio parlare oggi. E se la dea Afrodite viene dalla spuma del mare, per irrompere con il suo fascino ed erotismo; Kore la giovinetta e la fanciulla, la primavera che torna viene dalle nostre più oscure profondità, dagli Inferi e dall’inverno freddo per riportare la vita e la speranza sulla terra, facendosi strada con la forza di un germoglio che nasce tra la neve….
A quel germoglio che è dentro noi, dobbiamo poter far spazio in questo tempo freddo e di paura, tenendo stretto in noi Kore e il seme di quel germoglio che tornerà…
“Persèfone, chiamata anche Kòre, Kora o Core, che in greco vuol dire “giovane donna” è uno dei nomi più celebri della mitologia greca e in particolare dei Misteri Eleusini. In latino, il suo nome è tradotto con Prosèrpina. Moglie di Ade, era la regina dell’oltretomba. A lei si doveva l’alternanza delle stagioni.
Persefone, nella versione principale del mito che la riguarda, era la figlia di Demetra (Cerere per i romani) e Zeus. Suo zio Ade perse la testa per lei, tanto da rapirla e portarla con sé negli inferi, contro il suo volere. Qui Persefone cadde in trappola: rifiutandosi di mangiare ogni altra cosa, accettò di mangiare solo sei chicchi di melograno, senza sapere che mangiare i frutti degli inferi comportasse il rimanerne prigionieri per l’eternità.”
“Un giorno mentre Persefone stava coltivando dei fiori sulla piana di Nysa con alcune compagne, si allontanò da loro, attratta da un fiore di narciso.
Mentre in piena estasi allunga le mani per raccoglierlo, dalla base del fiore si apre una voragine dalla quale fuoriesce Ade, che la rapisce e la porta nell’oltretomba.
Demetra si accorse della scomparsa della figlia e per nove giorni vagò alla sua ricerca per tutta la terra. Il decimo giorno fu avvertita da Ecate, demone dell’oltretomba, di aver sentito Persefone urlare senza però aver visto il volto del rapitore. Demetra allora si recò da Elios, dio del sole, il quale le disse che a rapire sua figlia era stato Ade. Egli era infatti innamorato di lei e Zeus acconsentì al ratto.
Sentitasi tradita Demetra abbandonò l’Olimpo e trascurò le terre che non produssero più frutti. Così gli uomini si trovarono davanti ad un inverno eterno che provocò una drammatica carestia e gli dei, dato che gli uomini e gli animali morivano di fame, non poterono più ricevere le offerte votive. La dea si recò ad Eleusi, nell’Attica, dove assunse le sembianze di una vecchia. Lì fu accolta dal re Celeo e dalla sua sposa Metanira nella loro reggia dove fece da nutrice al figlio Demofonte.
La dea si affezionò così tanto a Demofonte che stava per donargli l’immortalità, quando fu scoperta da Metanira. Demetra rivelò le sue vesti divine e, sentendosi nuovamente tradita dagli uomini, si nascose sul monte Callicoro dove era stato edificato un tempio in suo onore. Il dolore per la perdita della figlia, che Demofonte era riuscito a sanare, riesplose più forte che mai.
A questo punto Ermes scese negli inferi, spedito da Zeus, chiedendo ad Ade di ridare Persefone alla madre in quanto la situazione era divenuta insostenibile tanto per gli uomini quanto per gli dei. Ade acconsentì, ma prima che Persefone potesse tornare sulla terra le fece mangiare un chicco di melograno. Infatti se una persona non ancora morta mangiava qualcosa mentre si trovava nell’oltretomba, ella sarebbe destinata a restare in quel regno per il resto della propria vita ed era proprio quello che era successo alla figlia di Demetra.
Non appena Demetra rivide Persefone, gioì e le terre tornarono a germogliare, sancendo la fine della carestia. Ma scoprì anche l’inganno e Zeus riuscì a stabilire una sorta di compromesso: per sei mesi Persefone sarebbe rimasta sulla terra assieme alla madre, mentre gli altri sei avrebbe regnato nell’oltretomba assieme al marito. Con questo mito i greci spiegarono l’alternarsi delle stagioni calde (primavera e estate) e di quelle fredde (autunno e inverno).
Forse questo mito che si presta a molteplici significati e aspetti, può aiutarci a tenere la speranza del ritorno della primavera. A tenere il germoglio pronto a sbocciare dentro di noi. A custodire il seme della nuova vita. Ma siamo chiamati ad essere come Demetra, in questo duro tempo, che si batte strenuamente perché le venga restituita la figlia; noi come lei abbiamo il compito di lottare con grinta perché non ci prenda la rassegnazione e lo sconforto. La speranza è una forza vitale. Un motore di vita, il faro e il messaggero della giusta via nell’oscurità.
“Chi spera Cammina, non fugge. Si incarna nella storia, non si aliena. Costruisce il futuro non lo attende soltanto- ha la grinta del lottatore, non la rassegnazione di chi disarma. Cambia la storia. Non la subisce”
don Tonino Bello
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