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ORFEO ED EURIDICE - RISORGERE .

Aggiornamento: 2 mar 2023



Ogni giorno dobbiamo far risorgere l’umano diritto alla felicità.

Come una preghiera che ci guida verso il Respiro Eterno. Riconoscere l’Eterno ad immagine e somiglianza della nostra debolezza. Riconoscersi nello scambio divino e umano. Dobbiamo risorgere sfiorando la vita con dolcezza per ascoltarla e sentirla. Risorgere alla vita che bussa. Come una poesia che apre il cuore e regala pioggia agli occhi.

Risorgere è quella carezza tra i capelli, pane spezzato con il suo profumo. Sentirsi visitati dal Mistero. Risorgere è Visitazione. E’ un pianto commosso partorito nelle notti buie.

È alzare gli occhi al cielo lasciandosi guidare dalla bellezza”

Don B. De Palma


L’intensità di queste parole, che immeritatamente uso all’apertura di questo post di oggi, si sono impresse nella mia mente mi hanno riportato al mito di Orfeo ed Euridice, presente in Ovidio ed Esiodo.

“Risorgere” sembra il tema di oggi , di questo tempo di morte e disperazione. Un tempo di solitudine, ritrovando in noi la bellezza ed il canto; provando a non perdere mai dentro di noi la nostra Euridice.

Forse il Mito di Orfeo ed Euridice può essere inteso come il mito dell’uomo alla ricerca di sé stesso e della propria Anima che ha perso nell’Ade, nella paura e nelle angosce. Forse che la ricerca del Sé e il nostro Risorgere, possa avvenire soltanto attraverso un percorso di esplorazione, rappresentato dalla discesa agli Inferi del nostro protagonista Orfeo, che non teme l’incognita e affronta con coraggio la situazione anticipando di millenni la nota frase di Jung:

”Un uomo che non è passato attraverso l’inferno delle proprie passioni, non potrà mai superarle”.

Ma forse in un tempo come quello di oggi Orfeo ed Euridice va ancora oltre, ci segnano un cammino di ascesa dall’Ade, che non deve farci distrarre, che non è privo di sofferenza ma che vuole ricongiungersi alla propria Anima.

“Che farò senza Euridice?! Dove andrò senza il mio Ben?!” canta l’opera lirica omonima di Gluck.

Senza la nostra Anima non è possibile risorgere ed Orfeo ed Euridice ci tengono svegli sul nostro non perderci, non destinarci alla solitudine e alla sofferenza eterna.



Orfeo, che i greci consideravano come il maggior poeta vissuto prima di Omero. Dicevano di lui che col suo canto dolcissimo aveva il potere di muovere gli alberi e di rendere mansuete le belve. Basti dire del resto che lo credevano figlio della Musa Calliope. Tornato dalla Colchide, si era stabilito nella Pieria, sulle coste meridionali della Tracia, e lì sposò la bella ninfa Euridice. In quello stesso tempo, dalla lontana Libia, in cui era nato da Apollo e da Cirene, si traferì in Tracia Aristeo, benemerito per aver insegnato agli uomini molti utili precetti agricoli e per averli tra l'altro iniziato all'apicoltura.

Costui si innamorò pazzamente di Euridice e di continuo l'importunava con le sue proteste d'amore. Un giorno che Euridice, per sfuggire Aristeo, aveva preso un viottolo tra i campi, fu morsa da un serpente velenoso nascosto tra l'erba e morì. Le ninfe amiche di lei diedero la colpa di questa morte ad Aristeo e, per fargli dispetto, distrussero gli sciami dei suo alveari.

In quanto ad Orfeo, il suo strazio per la morte inaspettata della sua adorata sposa non può essere descritto: piangeva, si disperava, si aggirava come un pazzo per le aspre gole della montuosa Tracia, ma nulla poteva lenire il suo immenso dolore: l'immagine di Euridice lo seguiva dappertutto e rendeva tormentosa la sua angoscia. Alla fine, persuaso di non poter più vivere senza Euridice, decise di andare a cercarla nell'Erebo, e scese infatti laggiù, nelle tenebrose case dei morti. Gli dèi dell'Averno sono inesorabili, non si commuovono alle lacrime degli uomini. Tuttavia i desolati accenti della sua lira, il suo lamentoso canto funebre, le sue affannate implorazioni avevano fatto accorrere le anime dei trapassati da ogni più remoto angolo, e tutte ascoltavano, silenziose come gli uccelli della notte. Cerbero non latrava più, Caronte non traghettava più le ombre, la ruota d'Issione si era fermata, Tantalo non sentiva più sete e fame, tutti i tormenti erano stati sospesi per virtù dei quel canto. Hades, il malinconico re di quel lugubre regno, sentì per la prima volta nel gelido cuore un sentimento di pietà e concesse a Orfeo la grazia di riportare Euridice rediviva alla luce del sole. Con un patto però: che lungo il cammino non si volgesse mai a guardare la sua sposa.


Senonché, quando i due sposi furono giunti alla fine della via sotterranea e già si vedeva, in fondo al cunicolo, disegnarsi in un alone la porta che conduce alla luce, Orfeo non riuscì più a contenere la propria impazienza e si volse indietro dove doveva essere la sua Euridice. Euridice c'era infatti; ma, appena si posò su di lei lo sguardo di Orfeo, impallidì, divenne come trasparente ombra, si dissolse in nebbia. La porta dell'Inferno si richiuse subito dopo il passaggio di Orfeo; e invano il desolato poeta restò lì fuori per ben sette mesi aspettando che si riaprisse. Persuaso alla lunga della vanità della sua attesa, Orfeo tornò tra gli uomini, ma cambiato! Non suonò più la lira, non cantò più. Odiava ormai tutte le donne e le trattava con disdegno. Non poteva sopportare più i tripudi rumorosi dei riti bacchici. Le Menadi, offese da questo suo disprezzo, un giorno nel delirio di una baccanale, gli si gettarono addosso come cagne e lo fecero a brandelli. La sua testa e la sua lira furono gettare in mare: la corrente marina le trasportò sulle rive dell'isola di Lesbo, l'isola dei poeti.

Zeus impietosito lo pose nella volta celeste in quella che oggi è la costellazione della Lira.



Il Mito di Orfeo ed Euridice si presta a tante interpretazioni. Mi piace pensare che tra queste ci sia quella del Risorgere e dell’essere Tenaci. Del tenere fede alla propria Anima nonostante tutto.



Mantieni i tuoi pensieri positivi, perché i tuoi pensieri diventano parole.

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Mantieni i tuoi comportamenti positivi, perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini.

Mantieni le tue abitudini positivi, perché le tue abitudini diventano i tuoi valori.

Mantieni i tuoi valori positivi, perché i tuoi valori diventano il tuo Destino. “

GANDHI.

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