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3- Sono Carla! Ero Carmine!

Negli anni '70 non era come oggi: essere gay era un tabù, una malattia, una vergogna per la famiglia.

Mi vestivo da uomo, scendevo da casa e finalmente ero io.


Sotto i pantaloni indossavo i collant, e così Carla fu scoperta. Un incubo! Mi sentivo libera e imprigionata nel senso di colpa. Ma io ci avevo provato a fidanzarmi: mi sono forzata a stare con una donna, pensavo: può essere un momento, mi passerà, guarirò. Ero confuso, volevo essere dentro come ero fuori! Alla mia fidanzata volevo bene davvero, ma mi ero innamorata del fratello. Era lui che pensavo quando provavo a stare insieme a lei, quando la baciavo. Chiudevo gli occhi e immaginavo che fosse lui. Secondo me in molti l'avevano capito: i miei atteggiamenti, il mio modo di parlare, di scherzare, il mio modo di vestirmi. Ma andava bene finché comunque mi travestivo da uomo, finché nascondevo più o meno bene il mio essere. L'importante era che continuassi a recitare la parte ed essere, esteriormente, un uomo.


Ma ormai la bomba era scoppiata.

Tornare indietro non volevo più: io ero Carla.


Amavo le gonne, il trucco, i capelli lunghi, la mia bellezza di donna. Iniziai la transizione e fui cacciata di casa. Mia madre aveva una foto di me, Carmine, e ci metteva i fiori. Ero morto per lei. Ma era così davvero? O forse Carmine non era mai esistito, se non come gli altri mi volevano.

Gli anni a venire sono stati molto bui e di forte dolore. Sì, mi sono anche prostituita per conservare i soldi per l'operazione. Difficile è stato presentarmi come Carla e avere sulla carta d'identità scritto "uomo". Sono una donna bellissima e ho avuto molti spasimanti, ma anche molti approfittatori che mi hanno sfruttata. Ho avuto un fidanzato per anni che mi faceva sentire donna davvero. Ma mi mancava la mia famiglia.

Per mia madre ero morto, ma avevo le mie sorelle che mi hanno capita, mi hanno adorata e mi hanno fatto sentire me stessa senza vergogna.


Poi, quel giorno, una telefonata: era morto mio padre. Ho chiesto il permesso di andare al funerale. Di Carmine non c'era forse più niente: la chirurgia mi aveva cambiato tanto. Ma io dovevo salutare mio padre e abbracciare mia madre.

E andai travestita da uomo. Mia mamma mi abbracciò e mi chiamò Carla: "Come sei cresciuto... ma gli occhi sono sempre i tuoi!"

Ora anche mamma non c'è più, ma ci sono le mie sorelle che vedo tutti i giorni. Sono diventata un'imprenditrice, ho aperto un negozio di abbigliamento. Ho tanti amici e amiche. Ora non ho un compagno, ma vivo i miei nipoti e le mie sorelle.


Gli anni sono passati, la strada è ancora lunga davanti, ma qualcosa nella società è cambiato.

Durante la mia transizione non ho avuto sostegno da nessuno: non esisteva un supporto psicologico. Sono dovuta andare a Casablanca per operarmi, ed è stato uno shock.

Pentita? No.


Ma mia madre aveva ragione su una cosa: Carmine è dovuto morire per fare posto a Carla.




Storia di Carla, rubrica a cura di Maria Di Pascale

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